Breve storia dell'economia di Perugia

Breve storia

L'economia della città di Perugia, capoluogo dell'Umbria ed oggi al centro di un Sistema Locale del Lavoro popolato da circa 250.000 abitanti, affonda le sue radici nel Medioevo. Il comune medievale di Perugia era tra i pochi in Italia ed in Europa ad avere una propria Zecca per la produzione di una moneta locale per il commercio minuto e del fiorino d'oro, la moneta di alto valore in uso per gli scambi di carattere internazionale.

Il nobile Collegio del Cambio era l'istituto preposto alla programmazione finanziaria mentre il Collegio della Mercanzia si occupava della riscossione delle tasse e di una razionale suddivisione del lavoro tra le 44 arti o corporazioni che costellavano l'economia dell'epoca. Tra le varie arti spiccavano i lanari, e l'antica tradizione sembra essere giunta ai nostri secoli prima con la produzione artigianale delle ormai quasi scomparse tovaglie perugine dalle particolari trame con soggetti ispirati alla mitologia od alla religione, e poi con l'affermazione dell'industria nel settore tessile. Perugia era inoltre il centro cittadino che amministrava le ricchezze provenienti dalla campagna del territorio rurale, ed annualmente in città, nell'odierna piazza IV Novembre, veniva ospitata una grande fiera di prodotti agricoli di ogni tipo, dal bestiame alle sementi rare dell'Umbria che venivano così preservate.

L'involuzione economica si ebbe a partire dalla grande peste del 1348 che decimò la popolazione (in precedenza tra città e campagna si raggiunsero a Perugia numeri di oltre 75.000 abitanti, cifre altissime se si pensa che Milano all'epoca non raggiungeva i 100.000) e continuò con la definitiva perdita dell'indipendenza politica economica durante l'assorbimento definitivo del territorio perugino nello Stato della Chiesa a partire dal 1540. Con l'unità d'Italia nel 1861 Perugia registra una popolazione di 42.500 abitanti ed i viaggiatori stranieri non tralasciano mai di dipingere la miseria della popolazione nei loro resoconti. La rivoluzione industriale a Perugia ebbe qualche timido ingresso con la costruzione della stazione ferroviaria nella zona di Fontivegge nel 1866 e nella prima metà del '900 con la costituzione delle prime società come il lanificio Bonucci, la filanda di seta Faina, l'impianto bacologico o la fabbrica di fiammiferi (che sfruttò la scoperta scientifica di un chimico perugino), il Molino e Pastificio di Ponte San Giovanni, la Valigeria , l'Autogarage e a Fabbrica perugina per la fabbricazione di confetti.
La città al passaggio del secolo si poneva in una posizione di avanguardia sul campo della ricerca scientifica, grazie alla presenza di un' Università da rilanciare ma ancora viva e di un servizio meteorologico che la poneva al pari delle altre città "climatiche" del centro Italia come Firenze o Roma. Permaneva nella prima metà del 900 una forte presenza della rendita agraria tra le principali fonti di capitale e fu solo al termine della II guerra mondiale, con il boom della ricostruzione, che il modello mezzadrile entrò in crisi e fu soppiantato dai nuovi modelli del manifatturiero e della domanda edilizia dovuta alle trasformazioni in corso con l'inurbamento dalle campagne. Molte delle imprese erano a partecipazione pubblica ed in molti casi i principali sottoscrittori provenivano da fuori regione, ma è solo in questa fase che si pongono le basi per una vera e propria diffusione dei modelli di produzione di tipo tailoristico fordistico in Umbria.

Negli anni '70 il macrosettore industria raggiunge il suo apice a Perugia, ed alcune imprese riescono ad imporsi nei settori della moda e dell'alimentare anche a livello internazionale. Oltre alle celeberrime industrie Spagnoli, Buitoni e Perugina si possono citare la pasta Ponte e l'Ellesse. Negli anni 70 si vede inoltre una prima diffusione del commercio e del turismo oltre che un rafforzamento dei settori manifatturiero e delle costruzioni (in questo periodo si sviluppano, spesso in maniera selvaggia, interi quartieri a valle dell'acropoli come Madonna Alta o San Sisto). Negli anni 80 la rivoluzione informatica finisce per favorire la grandi imprese a scapito delle piccole che non riescono a riconvertirsi secondo i nuovi modelli di gestione e nascono così nuove tipologie di imprese di servizi. In questo periodo la ricchezza raggiunta in maniera stabile nel Paese causa un aumento della mobilità interna e si ha per questo un considerevole sviluppo nel settore alberghiero e del turismo. Purtroppo la mancata riconversione dell'economia nazionale comporta una grave crisi negli anni 90, quando l'arrivo della grande distribuzione mette in crisi il commercio tradizionale ed una grande impresa come la Perugina non riesce ad imporsi come multinazionale e finisce per essere assorbita a sua volta dal colosso svizzero Nestlé. In questo periodo l'economia perugina raggiunge la sua dimensione attuale proiettandosi nell'ambito terziario della società dei servizi. Nel 2000 Perugia continua ad investire nel proprio potenziale turistico, attraverso campagne di promozione di grandi eventi come le mostre sul Perugino o grazie al traino di rinomati eventi come Eurochocolate od Umbria Jazz.

Fonti consultate:
  • Perugia, A. Grohmann
  • Perugia al passaggio del secolo, A. Sorbini
  • Le imprese della provincia di Perugia dagli anni ’70 ad oggi, Camera di Commercio Perugia