Urbanizzazione a Perugia, un progetto sostenibile

Le annose tematiche sulla cementificazione e urbanizzazione del suolo sono tornate recentemente protagoniste del dibattito che coinvolge opinione pubblica, enti non governativi e amministrazioni pubbliche. In primo piano vi è sempre la diatriba legata al depauperamento delle risorse orografiche e naturalistiche della città di Perugia, a favore di una spinta maggiore verso un'evoluzione urbana della città che a volte sembra uscire dalle logiche razionali dei piani regolatori. Una polemica lucida e importante che trova la sua soluzione razionale nell'attuazione di strategie e modelli sostenibili. 

Aree urbane negli anni 50 e 2000
A riportare in primo piano le problematiche sull'erosione del suolo e la cementificazione estensiva è stato il FAI in collaborazione con il WWF, che ha elaborato un interessante dossier sul consumo del territorio italiano, dal nome "Terra Rubata - Viaggio nell'Italia che scompare" e che spiega come la crescita degli ultimi 50 anni abbia coinvolto in modo particolare anche Perugia. 

Come si può vedere dall'immagine, Perugia si è notevolmente evoluta dal punto di vista dell'ubanizzazione. La sua crescita estensiva è iniziata a metà degli anni '50 sotto la spinta della ricostruzione post bellica e della fioritura industriale di attività come quelle di Spagnoli, Buitoni e Perugina. Il primo piano regolatore cittadino fu creato nel 1956 e prevedeva una crescita limitata del suolo urbano sulla base dei dati demografici in possesso del Comune. Procedendo dall'area sud occidentale della città, l'urbanizzazione si è poi allargata fino a coprire, negli ultimi 20 anni, le zone di Centova e Pian di Massiano, a partire comunque da un interessamento nel comprensorio urbano di frazioni adiacenti alla città e che interessavano già nuclei urbani o rurali: si parla dei centri dislocati lungo il Tevere come Ponte Valleceppi, Ponte Felcino e Ponte San Giovanni, e più recentemente Ferro di Cavallo, San Marco e San Sisto

La città si è evoluta, quindi, ben oltre le mura dell'acropoli storica: la polemica sorta a proposito sottolinea come Perugia non sia riuscita a valorizzare a pieno le aree territoriali poi urbanizzate, mal integrandole con il resto della città e quindi privando le nuove aree edificate di alti standard qualitativi in termini di fruizione sociale e accessibilità. A questo ne consegue una concezione eccessivamente simbolica dell'area del centro storico, che si grava della responsabilità di rappresentare "da sola" la più profonda e genuina anima della città. 

Destinazioni d'uso per funzione
Il problema di Perugia non sembra quindi la sola cementificazione e urbanizzazione estensiva - evoluzione quasi fisiologica di ogni centro produttivo - ma la sua crescita organica che stenta a decollare in maniera metodica e funzionale. Un esempio di ciò viene esposto prendendo spunto dalla riflessione sulle destinazioni sul territorio dei servizi e delle attività produttive da parte dell'associazione PerPerugia
L'idea generale che si può cogliere anche interpretando questo schema sulle aree produttive sviluppate e in via di sviluppo a Perugia - senza entrare nella polemica - è quella di una promozione di nuove e funzionali aree produttive e di servizi al cittadino che però deficitano di una sostenibilità ora diventata fondamentale per una corretta realizzazione e fruizione del cittadino. É controproducente ed effettivamente logorante dal punto di vista territoriale, strutturale e paesaggistico localizzare un polo sanitario o commerciale senza avere cura dell'apparato infrastrutturale, delle tempistiche di percorrenza e dell'impatto energetico che al cittadino costa anche in termini di emissioni ambientali. 

Purtroppo, invece, nel corso degli anni la parola "urbanizzazione" ha preso l'identità della cementificazione, a causa anche di una brusca impennata della crescita demografica: infatti, un aumento di ventimila unità in dieci anni (+13%) giustifica ben poco l'eccessiva e spasmodica cementificazione, al di là della continua domanda abitativa. 

Il delicato ambiente orografico e naturalistico che costituisce il tessuto esterno di Perugia si è quindi dovuto piegare a una corsa al cemento illogica benché necessaria, che ha visto un impoverimento del suolo e delle sue risorse verdi, a discapito anche dei controlli sulle acque e i loro flussi - da un punto di vista territoriale - e di innesti infrastrutturali tra nuclei urbani - si pensi agli assi stradali e alle modifiche che hanno subito. 
Combattere il depauperamento delle risorse di Perugia e promuovere una cultura più armonica e ragionata dell'espansione urbanistica è tuttavia ancora possibile: la strada giusta da imboccare è quella di una nuova strategia urbanistica per la città, che metta in primo piano la rivalutazione di spazi finalizzati al vivere comune e alla socializzazione.
La soluzione si trova nella scelta di modelli sostenibili e perseguibili anche dalle nuove generazioni, che mettano al centro del progetto l'enfatizzazione degli spazi urbani condivisi. 



Photo Credit: Niccolò Caranti, FAI - Fondo Ambientale Italiano e PerPerugia